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Blog 15 Settembre 2018

Intervista a Cura di Carla Mazzoni

Margherita Giordano è un’artista molto giovane, e, come spesso i giovani, parla in modo molto deciso della sua pittura, delle scelte estetiche e dei suoi programmi prossimi. Mi accoglie nella casa-studio con grande spigliatezza, come se una lunga esperienza di interviste ed incontri d’arte fosse già alle sue spalle; non c’è timidezza o disagio nelle sue risposte, ma neppure presunzione. Con Margherita ci siamo già incontrate altre volte in situazioni veloci e non ero mai stata nel suo studio. Scorro con un’occhiata rapida, prima di osservarli uno per uno, i lavori sparpagliati tutti intorno e la mia prima impressione è di dipinti realizzati con una tecnica rapida, come fossero acquarelli. Immagini ricche di colori più che vivaci: viola, rosso, blù, verde, tutti di tonalità accesa. Direi che la mia prima impressione su questi lavori corrisponde all’immagine che ho percepito di Margherita entrando nello studio.

D. Margherita, che tipo di tecnica usi per dare alle tue opere questo senso di immediatezza, tipico delle opere eseguite all’acquarello, ed in alcune anche di estrema casualità, di non progetto. Sembra quasi tutto affidato all’estro dell’inchiostro.
R. La mia tecnica è ad oggi il frutto di una lunga ricerca. Data la mia formazione accademica, ho sempre trovato conformi ai miei fini espressivi, le volumetrie date dalla pittura ad olio e dal chiaroscuro classico a grafite o carboncino, ma negli ultimi tempi ho integrato queste tecniche con le più moderne ricerche sui materiali sintetici. Gli inchiostri ad alcohl, nella fattispecie, hanno catturato la mia attenzione per due aspetti: da una parte la loro forte pigmentazione (che mi permette di rendere l’impatto visivo che ricerco), dall’altra la quasi totale casualità del loro andamento sul supporto. Utilizzo il phon o il semplice soffio per direzionare le mie “macchie”, che vanno ad interagire con gli elementi realistici eseguiti con le tecniche più conosciute, come l’olio, l’acrilico o la matita.

D. Quanto tempo, mediamente, impieghi per realizzare un’opera?
R. Il tempo di realizzazione delle mie opere e molto variabile: in media una settimana mi è necessaria per portare a compimento un singolo lavoro, anche perchè inevitabilmente i tempi si allungano quando si lavora “a strati” e si ha un attesa obbligata dai tempi di asciugatura dei diversi materiali.

D. Come indirizzi le tue scelte tematiche? Ad esempio trovo particolare che tra tanto utilizzo di colori vivaci, passami il termine di luminosità festose, tu abbia realizzato due opere con protagonisti centrali due organi del nostro corpo così fondamentali e seriosi come il cuore e il cervello.
R. Come dicevo, la mia formazione e provenienza geografica fanno di me un’amante del “bello” in senso classico e delle forme armoniche riscontrabili in arte come in natura. Mi piace lasciarmi stupire dalla potenza di alcune immagini ma anche di lasciarmi suggestionare da un autore o da una storia. Credo però che tutto in ogni caso venga filtrato attraverso un’indagine geometrica, ordinata, che restituisce una forma più chiara alla sostanza della mia percezione. In particolare l’anatomia ha sempre esercitato un grande fascino su di me, anche solo nel senso dell’immagine in sè. Basti pensare al nostro sistema venoso o arterioso che ricorda i rami e le radici di un albero.

Il cuore e il cervello hanno in più anche una forte valenza concettuale e, nel mio caso, psicologica: rappresentano il mio tentativo di risolvere la battaglia fra le due parti, di “fare pace” con questo contrasto che vivo costantemente, e che mi porta a soffrire talvolta. Rappresentare il cuore e il cervello è una mia personale terapia.

D. Tutti gli artisti hanno dei Padri, vedo qui un’opera dedicata a Leonardo e Michelangelo, quale eredità pensi di aver raccolto da loro?
R. “Fathers” è forse l’opera a cui tengo di più di quelle che presenterò nella prossima mostra a Palazzzo Pianciani a Spoleto. Il ruolo che i due grandi Maestri rappresentati in quest’opera rivestono per me, è di fondamentale importanza: tanto Leonardo quanto Michelangelo mi hanno lasciato grandi insegnamenti. Il loro eclettismo, innanzi tutto, la capacità di essere versatili nella pittura, come nella scultura, architettura, medicina, ingegneria, scenografia: l’amore per tutte le forme del bello è una lezione che non si può non apprezzare. Poi di sicuro il loro modo di disegnare e di concepire il disegno, prima ancora della pittura o della scultura: come il principale strumento di studio del mondo e come “mezzo” di vera e propria contaminazione del sè con il mondo circostante. Proprio di questa dimensione intima del disegno parla infatti la mia opera. In ultimo di certo non posso dimenticare il dato tecnico più strettamente inteso: la tecnica di resa di corpi, di spazi, di atmosfere, di scenari, di estremo realismo ma di magia e potenza espressiva tale, continua ad affascinarmi e a spingermi oltre nella ricerca, alla luce della loro sicura guida.

D. Margherita, sei giovane, mi incuriosisce sapere come una giovane ed “impegnata” artista, si relazioni con la società che la circonda ed ovviamente in particolare quale tipo di rapporto instauri con i colleghi artisti.
R. Trovo molta difficoltà nel sentirmi figlia di questi tempi; nonostante sia nata negli anni ’80, ho sempre sentito che il mio potenziale sarebbe forse stato più apprezzato e riconosciuto in altri periodi della storia e della storia dell’arte. Forse la mia provenienza romana fa il suo, nella malinconia per un glorioso passato che mi porto dietro, ma credo che si legga anche dalle mie tematiche quanto il mio cuore guardi a ieri, per rendere migliore il domani. Trovo, poi, lo scambio con gli altri artisti di fondamentale importanza. Fin dai tempi dell’accademia, i miei colleghi, forse prima ancora dei miei professori, sono stati il più grande stimolo a crescere e ad imparare nuove cose. Con molti artisti tengo scambi e rapporti costanti, ci consigliamo a vicenda e ci diamo feedback a proposito anche di situazioni di lavoro ed incontri. In particolare trovo molta comunanza di intenti con tutti coloro che indagano la forza e la sostanza del bello attraverso ciò che puo nascondersi “sotto pelle” negli elementi naturali e nei grandi capolavori. Termino la mia visita nello studio di Margherita Giordano con la sensazione di aver conosciuto
un’artista di talento e preparazione e, in questo mondo dell’Arte oggi sempre più confuso, un’artista consapevole e determinata a non lasciarsi confondere da facili scorciatoie.

Carla Mazzoni

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